Il lungometraggio che fa tremare il mondo dell’industria ittica.

Seaspiracy, il documentario di Netflix sulla pesca sostenibile. Si tratta di un lavoro giornalistico, atto a mettere in luce le conseguenze atroci dell’impatto dell’uomo sugli ecosistemi degli oceani.

Ciao, sono Paul D. Dramelay autore del romanzo urban fantasy i Guardiani della Natura – L’ultimo Distintivo di cui puoi leggere i primi tre capitoli andando a questo link. Questo è il mio blog dove parlo perlopiù delle mie esperienze da aspirante autore, da autore che ha provato la strada self e che poi ha pubblicato con una casa editrice non a pagamento. Parlo anche di natura, ambiente e scienza, argomenti per me importanti e inseriti per questo all’interno del mio romanzo.

Ancor prima della pubblicazione su Netflix, il National Fisheries Institute (NFI) ha fatto sentire la propria voce, criticando aspramente il lavoro svolto. Ecco le parole del presidente John Connelly: “Quando produci un pezzo di propaganda vegana di 90 minuti e lo definisci un documentario, stai dichiarando il falso”. Il presidente della NFI, John Connelly, ha addirittura suggerito a Netflix di creare una nuova categoria di contenuti “di propaganda”, basati su menzogne, esagerazioni e teorie del complotto.

A parte queste ridicole affermazioni, che ricordano quelle della Exxon negli anni ’70 che pur sapendo di quanto dannoso fosse l’industria del petrolio, pubblicamente affermavano il contrario screditando chiunque non si allineasse alla loro politica, una cosa è certa:

Solo invertendo la rotta si può tentare di fermare il declino della biodiversità oceanica, che rischia di scomparire per sempre a causa dell’uomo.

Esiste la pesca sostenibile? 

Il documentario Seaspiracy si presenta con questa domanda, lasciando intendere una risposta sostanzialmente negativa.

Il regista Ali Tabrizi, già noto per il documentario “Vegan” del 2018, e Kip Andersen, nonché autore di Cowspiracy hanno impiegato anni tra ricerche e inchieste, per dar vita a questo lavoro, che ha visto i protagonisti correre non pochi rischi. L’obiettivo finale era quello di riuscire a mostrare come questo settore, la pesca, compia uno sfruttamento massiccio (e incontrollato da parte dei governi) dei mari.

Il documentario ricostruisce un vero e proprio sistema di corruzione globale, atto a sfruttare le risorse naturali fino a generare danni irreparabili. Si mostra inoltre come l’inquinamento delle plastiche in mare, in realtà, sia dovuto per la maggior parte alla pesca illegale (ma anche legale) fatta in modo sconsiderato. Spiega come siano inutili tutti i “bollini” di pesca blu o sostenibile, il cui unico scopo è guadagnare su false rassicurazione e di come la criminalità organizzata sia interessata a questo mercato illegale, fino a uccidere come avviene per chi protesta contro la devastazione dell’Amazonia.

Guarda il trailer ufficiale in lingua originale!

Un titolo destinato a far discutere e, si spera, stimolare una presa di coscienza maggiore da parte delle masse.

Ecco quanto scritto dai protagonisti del documentario sui social di “Seaspiracy”:

“Questo documentario trasformerà radicalmente il modo in cui pensiamo e agiamo in relazione alla conservazione degli oceani. È giunto il momento di concentrare le nostre preoccupazioni ecologiche ed etiche sui mari e i suoi abitanti”.

A conti fatti il film di Ali Tabrizi ha luce e ombre, ma preso nel modo giusto più incoraggiare una presa di coscienza:

Bisogna ritagliarsi 1 ora e 29 minuti di tempo (tanto dura) e poi porsi delle domande circa la pesca sostenibile, il nostro modo di considerare “una proprietà” il pianeta e “cose” tutte le altre forme di vita che riteniamo “inferiori”.

Fermare la guerra contro l’oceano è una questione di sopravvivenza. È una lotta che non possiamo permetterci di perdere. Una lotta che si intensificherà nei prossimi anni quando le popolazioni di pesci continueranno a diminuire. Una lotta che ci vedrà tutti perdenti perché se gli oceani muoiono, a cascata tutto l’ecosistema planetario collasserà.

Ma allora cosa fare?

La pesca non può essere sostenibile a meno che tutti noi non decidiamo di ridurre il consumo di pesce, questa è la realtà dei fatti. Ua scelta se non vegana ma tendente a questa strada, è l’unica possibilità per ridurre l’inquinamento e la devastazione (per non parlare della sofferenza animale) che deriva dall’allevamento animale e la pesca. Siamo noi i fautori del nostro destino e del nostro futuro, non possiamo aspettarci che gli altri si comportino meglio o bene, se i primi a girare la faccia siamo noi. Davvero una fetta di carne o un’orata nel piatto 4 volte a settimana è indispensabile? Potremmo ridurre tutto ciò a 1 volta a settimana e magari, un giorno, 1 volta al mese? Per poi chissà, in futuro, farlo diventare solo 1 volta ogni tanto? Ne va del nostro futuro, della nostra vita, della vita sul pianeta.

Potete guardare il film su Netflix, qui.

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